Il Museo comunale

Nella parte più alta del borgo si trova il duecentesco Palazzo Comunale, sulla cui facciata si riconoscono ancora numerosi stemmi ed epigrafi di podestà e vicari che nel corso del ‘500-‘600 ricoprirono cariche pubbliche.
Il primo piano del palazzo era occupato un tempo dall’abitazione e dagli uffici del Vicariato di Valdichiana, mentre oggi è sede degli uffici comunali e della bellissima sala del Consiglio, interamente affrescata da Luigi Ademollo nel 1812.
Il piano terra del Palazzo, sede dell’antico Tribunale e delle relative prigioni, ospita oggi il Museo Comunale, inaugurato una prima volta nel 1924, per raccogliere e mostrare al pubblico le opere d’arte più preziose di Lucignano e riallestito nell’attuale sede nel corso degli anni Ottanta.

#1 Crocifissione

L'icona raffigurante la Crocifissione è l'opera più antica conservata nel Museo di Lucignano. Si tratta di una tavola della seconda metà del Duecento, priva di paternità certa, sebbene studi recenti abbiano individuato l'ambito di provenienza nella scuola pittorica aretina, pur influenzata da maestranze senesi e umbre. Questa icona è scampata ad una tragica sorte per due volte nel corso del Novecento. Una prima volta, durante dei lavori precedenti all’allestimento del museo, venne scambiata per una tavola di legno qualsiasi e usata per impastare la calce. Fortunatamente qualcuno si accorse della pittura presente su un lato e immediatamente iniziò l'intervento di restauro. Nel 1979 è stata rubata insieme ad altri pezzi del museo e ritrovata l'anno seguente, priva di danneggiamenti.



crocifissione



madonna in trono

#2 Madonna in trono con bambino e donatrice

La Madonna in trono col Bambino di Niccolò e Francesco di Segna è una tavola trecentesca dalla forma cuspidata proveniente dalla Chiesa di san Francesco. Lo sfondo, che dobbiamo immaginare dorato, presenta delle punzonature lungo la cornice e intorno ai volti dei personaggi, a disegnare le aureole. In basso sulla destra, si trova la figura di una donna in preghiera raffigurata in dimensioni ridotte rispetto alla Madonna e al Bambino: si tratta della committente dell'opera. La scritta che corre alla base del trono ci svela l'identità della donna “Monna Muccia moglie che fu di Guerrino Ciantari”, una ricca e devota vedova, che donò questa tavola alla Chiesa di San Francesco.

#3 Madonna in trono con Bambino, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista

Il trittico è opera di Bartolo di Fredi (1330-1410), un pittore attivo nella seconda metà del trecento, oltre che a Siena, a San Gimignano e a Montalcino. Il trittico di Lucignano è la parte centrale di un polittico comprendente cinque tavole, le cui parti esterne, oggi perdute, raffiguravano Santa Lucia e Santa Petronilla o S. Pietro Apostolo. Questo insieme era in origine posto su una predella, anch’essa a cinque scomparti, che oggi è conservata nella Pinacoteca di Siena.
Al centro è raffigurata la Madonna, seduta su un trono marmoreo, coperto da un drappo rosso ornato d’oro. Anche il bordo del manto blu e la veste rossa della Madonna sono impreziosite da ornamenti in oro. Il bambino in piedi sulle ginocchia della madre volge il suo sguardo verso gli occhi di lei nell’atteggiamento caratteristico delle madonne senesi mentre posa una mano sul bordo dello scollo. Lungo il bordo inferiore dello scomparto centrale corre una scritta incompleta: DNA [LI]NA FILIA OLI[M] PETRI CE[IA]TI JAKOB OLI[M] D[OMINI] GRIFFI FECIT FIERI I[N] CAPEELLA PER ANIMA SUA che si può interpretare come: DONNA LINA FIGLIA DEL FU PIETRO CACCIATI E GIACOMO FIGLIO DEL FU SER GRIFFI FECE FARE QUESTA TAVOLA NELLA CAPPELLA PER LA (SALVEZZA) DELL’ANIMA SUA. Questa opera proviene dalla Chiesa di S. Francesco a Montalcino dove fu conservata fino al 1628. Nel 1910 venne in possesso della famiglia Angeli di Lucignano. Nel 1923 venne donata al Museo di Lucignano da Carlo Angeli, primo curatore del Museo. Il trittico era stato restaurato con l’integrazione delle parti lacunose, ma è stato in seguito riportato allo stato primitivo restituendo il colore all’intensità originaria.





madonna in trono


madonna in trono

#4 Madonna in trono con Bambino, san Pietro e san Giovanni Battista

La tavoletta con la Madonna in trono fra san Pietro e san Giovanni Battista era originariamente parte di una tavoletta cuspidata composta, nella parte superiore dall'Annunciazione e, nella parte inferiore, da un'altra tavoletta di pari dimensioni con i Santi Caterina di Alessandria, Michele, Maria Maddalena e Francesco. È un’opera giovanile di Lippo Vanni, pittore e miniatore senese vissuto intorno alla metà Trecento, la cui opera più famosa è il ciclo di affreschi dell'Eremo di San Leonardo al Lago (SI). L’opera è stata commissionata da ser Pietro de' Vanni Cenni, a cui si deve anche l'ospedale di Sant'Anna, realizzato nel 1397 grazie al suo lascito testamentario.

#5 Albero d’Oro

L’ Albero della Vita, o Albero d’Oro o, ancora, Albero dell’Amore è custodito, in una vetrina a mandorla, al centro del Museo di Lucignano, centro ideale del paese.

L’Albero è un grande reliquiario: le piccole teche trilobate appese in coppia su ciascuno dei suoi dodici rami conservavano un tempo reliquie francescane e schegge della Croce di Cristo. L’opera appartiene alla tipologia dei reliquiari fitomorfi, ossia che riproducono le forme del mondo vegetale e, benché anticamente assai diffusi, oggi se ne conservano solo pochi esemplari e, tra questi, quello di Lucignano spicca per imponenza, complessità e pregio. Come recita una lunga iscrizione che corre sul piede dell’Albero, l’inizio dell’opera risale al 1350. Tuttavia essa fu completata solo nel 1471, ben 120 anni più tardi, per mano del Maestro orafo Gabriello d’Antonio da Siena.

L’albero racchiude, nella sua tripartizione morfologica (radice, tronco e chioma) la metafora della vita di Cristo nelle tre diverse fasi, origine, passione e gloria, come viene sviluppata nel Lignum vitae, un componimento mistico di Bonaventura da Bagnoregio (1260). La base quadrilobata sostiene il fusto, sul quale si innestano prima un tempietto in stile gotico e quindi i dodici rami, infine, sulla sommità dell’Albero si trovano un Cristo crocefisso e un pellicano, il simbolo cristologico dell’animale che si ferisce a morte per nutrire i propri piccoli. I medaglioni che decorano i rami contengono nella parte anteriore delle miniature su pergamena che raffigurano i profeti, mentre nella parte posteriore personaggi del Nuovo Testamento su argento sbalzato e smaltato.

L’albero era conservato in S. Francesco, in un armadio di legno dipinto, secondo un contratto stipulato tra il convento ed il pittore cortonese Luca Signorelli, uno dei più prestigiosi artisti del momento, ma di cui non rimangono più tracce. Nella notte del 28 settembre 1914 l’Albero fu trafugato e fu ritrovato, smontato e in parte danneggiato, solo nel novembre del 1917 in una grotta nei pressi di Sarteano e quindi restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.

Intorno all’Albero, simbolo di Amore divino, è fiorita una leggenda locale secondo la quale porta fortuna agli innamorati scambiarsi promesse d’amore davanti ai suoi rami.

Da qui è nata, nel 2002, “Segni d’amore”, iniziativa promossa dall’Amministrazione Comunale in occasione del 14 febbraio, S. Valentino, coniugando promozione del proprio patrimonio e celebrazione del giorno universalmente dedicato all’amore e, più recentemente, la “Festa degli Sposi”, la prima domenica di settembre, nata dall’incontro tra Lucignano, il suo Albero d’oro e la famosa stilista giapponese di abiti da sposa Yumi Katsura. L’Albero è stato anche testimone del viaggio/ricerca dei due protagonisti di Copia Conforme, film di Abbas Kiarostami (2010).







albero d'oro

albero d'oro


affreschi

affreschi

#6 Sala delle Udienze, affreschi

Le pareti e la volta della Sala dell’Albero conservano un interessante ciclo di affreschi di rilevante importanza per la storia politica e artistica di Lucignano. Si tratta della Sala delle Udienze, il luogo dove anticamente i Priori di Lucignano amministravano la giustizia e gli affreschi che la decorano rappresentano personalità illustri del passato al duplice scopo di rendere omaggio alla grandezza degli Antichi e di fungere da monito ed esempio per gli uomini a cui, nel presente, era affidato il difficile compito di governare. Gli affreschi, commissionati dai Priori che si avvicendarono in quegli anni di dominio senese, sono stati realizzati nel corso di oltre cinquanta anni: la data più antica riportata nelle iscrizioni è il 1438, l’ultima leggibile è il 1479. I personaggi sono tratti dalla Storia e dal mito antichi, romani e greci, e dalla Bibbia: troviamo re e imperatori (Cesare, Augusto, Costantino, Giustiniano), filosofi (Aristotele, Boezio), eroi biblici (Sansone, Giuditta, Giuda Maccabeo, Noè), personaggi del mito (Ercole e Giano), santi (San Paolo) e altri romani famosi (Pompeo, Camillo, Bruto, Metello, Muzio Scevola, Virgilio, Lucrezia, Catone Uticense). Su tutti domina la Maestà di Agostino di Marsilio garante della giustizia bene amministrata e ben condotta, affiancata dai protettori di Lucignano: San Giovanni Battista, San Biagio, San Felice Papa, San Michele arcangelo, San Francesco e Sant’Agata. Gli affreschi presentano richiami evidenti a al ciclo dipinto da Taddeo di Bartolo nell’Anticappella del Palazzo Pubblico di Siena i primi del ‘400, quando sotto la spinta della cultura umanistica, si iniziò a decorare le sale dei Palazzi pubblici con esempi di “Buon Governo”. Un’ulteriore nota d’interesse di questo ciclo è la presenza di molte iscrizioni tratte dalla Divina Commedia: per la prima volta, gli eroi proposti ad esempio sono personaggi che per Dante incarnavano l’idea di giustizia e libertà.

#7 San Francesco riceve le stimmate

La lunetta raffigurante San Francesco che riceve le stimmate è databile intorno al 1510-12, è riconducibile a Luca Signorelli (Cortona, 1445 ca.-1523). La scena è composta secondo i dettami della biografia di San Bonaventura: il Santo è inginocchiato davanti una parete di rocce, mentre le sue mani, i suoi piedi ed il petto sono trafitti da raggi dorati provenienti da una creatura apparsa nel cielo, metà Cristo e metà Serafino; all’estremità opposta si trova frate Leone, compagno di Francesco sulla Verna. La lunetta proviene come suggerisce il soggetto rappresentato, dalla Chiesa di San Francesco. A lungo si è ritenuto che la tavola fosse l’unica parte superstite dell’ armadio commissionato a Luca Signorelli per proteggere l’Albero d’oro, ma è stato dimostrato che si tratta piuttosto di una pala d’altare.







san francesco


madonna con bambino

#8 Madonna con Bambino

Sulla parete a fianco si trova una Madonna con Bambino, proveniente anch’essa da uno degli altari della Chiesa di San Francesco. Porzione di una composizione maggiore che come si può osservare prevedeva altri soggetti ai lati della Madonna, coperti da una finta punzonatura dorata. Sulla cornice alla base si legge: “VERBUM CARO FACTUM EST ET ABITAVIT NOBIS” (“Il Verbo si è fatto carne ed è venuto in mezzo a noi”). Tale dipinto è attribuito alla bottega di Luca Signorelli che avrebbe elaborato un’idea del maestro, ma è di difficile constatazione per i molti interventi che lo hanno modificato. Notiamo il bambinello nudo come a dare rilievo alla sua natura umana rispecchiando così il grado di naturalismo tipico della cultura umanistica e rinascimentale.

#9 San Bernardino da Siena

A seguire, una tavola di Pietro di Giovanni d’Ambrogio raffigurante San Bernardino da Siena in atto di predicare contro la vanità delle cose terrene. Il Santo è vestito col tradizionale e povero saio, sotto i suoi piedi sono raffigurate tre mitrie, segno del suo triplice rifiuto alla carica di vescovo a Siena, a Ferrara e ad Urbino, in favore di una vita più umile e povera. Nel libro aperto nella mano sinistra si legge “QUE SURSUM SUNT SAPITE NON QUE SUPER TERRAM” cioè “sappiate le cose del cielo non quelle della terra”, nella mano destra quasi sospeso tra le dita sorregge un disco dorato dove è riportato il monogramma cristiano “JHS” ovvero “Iesus Homini Salvator” circondato da 12 raggi solari, quanti sono gli apostoli. Questo simbolo fa parte dell’iconografia di questo Santo ed è stato approvato da Papa Eugenio IV nel 1432 diventando molto popolare tra i fedeli. La sua testa è circondata da un’aureola a raggiera, tipica dei beati, perché all’epoca della tavola, dipinta nel 1448, non era stato ancora canonizzato. Nella parte inferiore della tavola si leggono il nome del pittore Pietro di Giovanni d’Ambrogio e data dell’esecuzione dell’opera. La tavola proviene dalla Chiesa di San Francesco, esattamente dalla Cappella di San Bernardino, consacrata nell’anno della sua canonizzazione (1450).







san bernardino


oggetti sacri

#10 Oggetti sacri

La teca di vetro contiene alcuni oggetti provenienti dal Santuario di Santa Maria della Querce: un turibolo e navicella, datati 1628; un cofanetto in legno e osso opera della Bottega degli Embriachi (Genova, secc. XIV-XV) e una Croce astile di ambito umbro-toscano raffigurante Cristo crocefisso con Dio padre tra San Sebastiano e San Rocco (inizio sec. XVI).

#11 Cataletti

L’ultima sala ospita due coppie di testate di bara dei secoli XVII-XVIII. Questi arredi funebri erano usati un tempo dalle confraternite per trasportare il defunto alla sepoltura e per permetterne l’esposizione nella sede della confraternita cui era appartenuto ed in chiesa. Il cataletto con le testate dipinte compare nel XV secolo e risulta essere stato di uso prettamente senese.
La prima coppia, datata 1626, proviene dalla Collegiata di S. Michele Arcangelo, mentre la seconda coppia proviene dal santuario della Madonna della Querce, dove avevano sede delle confraternite che si occupavano di servizi alla comunità come del servizio funerario.
I dipinti della prima coppia, L’incoronazione della Vergine, la Visitazione, Cristo in pietà sorretto da due angeli e l’Annunciazione, sono stati recentemente individuati come opera di Giovanni Antonio Cerretelli di Scrofiano (notizie 1584-1628) uno degli allievi di Francesco Vanni, mentre gli altri che ritraggono S. Carlo Borromeo, Cristo redentore ed i santi protettori di Lucignano (San Biagio e San Michele Arcangelo, San Francesco, San Felice Papa) sono genericamente essere riferiti all’area senese-aretina. Le cornici sono costituite da un pregiato intaglio con supporti a forma di zampe di leone e sfingi.







cataletti